Internet e l'aborigeno

09 novembre 2009

Modello da seguire

Ho un nipote di 17 anni.
L'ho aiutato a studiare, a volte, e mi son reso conto che qualcosa non va.
Non in lui, lui è stato bravo sia nel sopportarmi (poverino) sia, poi, nei voti che ha ottenuto.
C'è qualcosa che non va nell'educazione in generale.
Vedo troppi ragazzi che ciondolano e non rendono.
Sono tutte capre? Idioti senza speranza? Io non credo.
Ma allora dove è il problema? Perché non riescono a interessarsi a nulla per più di 15 secondi consecutivi? Sono molti a non avere interessi, sono molti a non avere nulla da fare.

L'idea che mi sono fatto, ovviamente banalizzata e appiattita dal limite di parole e tempo che mi sono autoimposto, è che, semplicemente, si sono abituati alle scorciatoie.

Prendo tre elementi che, almeno per me, erano "fari" nella mia vita al tempo del liceo.

Ambiente scolastico: avevo dei professori abbastanza rigidi, ma comunque "schematici". Senza alcun tipo di sistema, mi sono sempre istintivamente accorto dei comportamenti ricorrenti delle persone. E li sfruttavo a mio piacimento. Sapevo come soddisfarli, se mi andava (con molti professori ho deciso apertamente di entrare in conflitto). In ogni caso, oltre a questo limite (in ogni libro di comunicazione l'esempio del pessimo comunicatore è sempre "il professore"), erano tosti e riuscivano comunque a farmi entrare in "competizione" con loro, quindi imparavo e devo a loro molto. In ogni caso, mia madre ne rimaneva fuori e la responsabilità dei rapporti con loro era mia.
Quello che vedo ora, invece, è un lassismo esagerato. I "poveri ragazzi" che devono studiare troppo e non riescono a seguire le loro 1234 attività che i loro genitori vogliono che seguano. Madri e padri sempre pronti a giustificare i propri figli e figli sempre pronti a giustificare se stessi. Tutto ciò che costa 10 minuti in più di fatica... ZAC, cancellato. Ed ecco che i programmi sono resi più brevi (non più interessanti e aggiornati), gli esami all'università vengono tagliati e accorciati, i voti semplificati. Non ci si rinnova, ci si semplifica (e la semplificazione non è un buon partito). E allora faticare ad eccellere non è più importante, perché è il mondo scolastico stesso che non ti chiede più di sforzarti.

Le amicizie: tra i ragazzi chi studia è stupido. Chi segue le regole, è stupido. Tra le ragazze, chi è bravo e non è un infame, è noioso. Questo non è sicuramente un problema moderno, ma porta comunque ad appiattirsi e a cercare comunque una scorciatoria: se essere infami e "irregolari" ti porta ad avere un riconoscimento "della piazza", si instaurano comunque meccanismi in cui i benefici sono molto elevati. Come fare in modo che abbia benefici anche chi si comporta in modo corretto? E' vero che la virtù è premio a se stessa (frase che si trova già tra i filosofi greci, nell'Eneide, poi in Spinoza eccetera), ma questa è una verità che si impara con il tempo, non si può sperare che un ragazzo lo capisca subito. Si deve dare un premio alla virtù, altrimenti si cerca gratificazione in altri lidi.

Lo sport e le competizioni in genere: non amo il modello super competitivo all'americana, dove bambini di pochi anni sono buttati nella mischia per vedere come se la cavano e per tirare fuori solo chi eccelle. Lo sport deve essere crescita e ambientamento, imparare a combattere ma anche ad accettare le sconfitte. In quel poco che ho visto, sempre tramite gli occhi di persone più giovani di me, invece, sto vedendo solo un "finto professionismo". Quel spingere tutto all'eccesso sacrificando il sorriso e il divertimento. Bè, anche questo, secondo me, porta a semplificare tutto e a cercare scorciatorie, in questo caso scorciatoie per lasciare. Io ero davvero scarso a giocare a pallone, ho iniziato tardi, a 14 anni, e non ero particolarmente "sciolto".
Ho smesso di giocare a 24 e qualche soddisfazione me la sono tolta.
Ma mentre i primi allenatori mi sfidavano, ogni giorno, ogni volta, a dare di più e mi gratifivano anche per quel poco che (all'inizio) sapevo dare, i successivi mi rimproveravano qualsiasi cosa, ogni eccesso, ogni fantasia, ogni sorriso, perché "qui si gioca seriamente". A parte che "gioco" e "serio" già stonano tra loro, ma è corretto limitare il mio comportamento (che, comunque, era rispettosissimo del ruolo dell'allenatore, degli orari imposti e della presenza - non sono mai arrivato tardi, mancavo solo se costretto e non mancavo di rispetto al mister o ai compagni) solo perché volevo giocare e sorridere e non pensare di arrivare ad una squadra professionistica? Anche in questo caso, una scorciatoia: fanculo a tutti.

Insomma, una premessa lunga, cerco di arrivare al punto.
Al liceo Parini di Milano hanno dato vita ad un'iniziativa davvero lodevole.
Forse un caso, ma è partita da un professore di filosofia. Finalmente la virtù non è solo premio a se stessa, ma presa di posizione condivisa e premiata.

Forse i ragazzi di ora non hanno bisogno di gente che gli insegni scorciatoie, ma che li inorgoglisca nel cogliere i frutti della loro fatica.

05 novembre 2009

Un volto nuovo di Londra



Riprendo, dopo tanto tempo. Faccio finta di nulla e non do spiegazioni del silenzio intercorso...

I primi di Ottobre sono stato a Londra. L'ennesima volta, è vero, ma mai come stavolta ho visto un'altra Londra.

Innanzitutto premetto che non ho fatto vita notturna. Avevo bisogno di riposo, di serena distrazione.
Un vecchio? Forse, ma mennefotto.

Mio zio era morto il giorno prima della mia partenza, dopo alcuni giorni senza mai riprendere conoscenza.
Io non l'ho mai visto in questi giorni, e sono partito durante il suo funerale.
Una fuga, praticamente.
I sensi di colpa si mischiavano alla strana sensazione di vuoto che la morte scava dentro ad un essere assolutamente avulso dal divino e dal soprannaturale quale sono.
Sono convinto che la morte sia un problema per chi rimane, in quanto per chi se ne va nulla resta e nulla sarà: con queste convinzioni, la fine di tutto fa paura e quando ti si para innanzi è sempre difficile far finta di nulla.

Questa premessa spiega la necessità di staccare la spina.
L'odio che ho della confusione dantesca discotecara e la necessità che personalmente ho di pensare per superare i momenti difficili (e non di non pensare, come fanno molti) spiega il "rifiuto" di vita notturna e il rifugiarsi in passeggiate nei parchi e nelle chiacchierate davanti al fuoco serali e nel tè delle 5 (tradizioni e sicure scadenze).

Riprendendo il filo, ho visto un'altra Londra. Una Londra solare (sembra assurdo, ma non scherzo), serena, senza corse, senza folla e senza traffico.
La consiglio a chiunque, soprattutto in questo periodo perché la sterlina a 1,1 euro è un'occasione per vedere Londra senza "impoverirsi" e comprare anche qualche bella cosa (nei negozi di vestiti, soprattutto, i prezzi con questo valore della sterlina sono sensibilmente più bassi che nel resto di Europa; basta andare in negozi con tiratura europea - ad esempio GAP - che mostrano i cartellini con il doppio prezzo e farsi due rapidi calcoli per capire la differenza).

Certo, io ho la fortuna di avere un'amica che abita in una zona fantastica e fuori dei normali "circuiti", zona che in altre occasioni non avrei mai conosciuto.
Abita a Belsize Park, una zona al limite della ZONA 2, racchiuso tra due parchi: Pimrose Hill/Regent's Park e Hampstead Heat.

Nel quartiere ci sono principalmente case basse, con appartamenti con grandi bow windows affacciate sulla strada.

Dietro casa della mia amica c'è il "villagge" di Belsize (Belsize Terrace), con i suoi negozietti a misura di uomo, con le coppie giovani che passeggiano tranquilli spingendo la o le carrozzine.
All'angolo c'è il negozietto delle specialità, in cui si possono comprare dei fantastici bagels (portati a casa, scaldati, spalmati di philadelphia e coperti di salmone affumicato sono fantastici e sono un brunch tipicamente newyorkese).

Insomma, un posto fatato.

Il primo giorno il tempo ci ha accolto bene e ci ha permesso di fare un bel giro per Pimrose Hill, con la sua vista su Londra e i suoi scoiattoli e i suoi campi pieni di bambini che giocano a calcio.

Nel pomeriggio, invece, passeggiata al centro, tra Leicester Square e Covent Garden per poi deviare fino a Hamleys, in Regent Street.
Cinque piani di giocattoli per tornare bambini (vedere qui e qui).

La sera riposo e chiacchiere con un bel bicchiere di vino (e dopo di grappa) di fronte al fuoco, aggiornandoci tra buoni amici sulle rispettive vite.

Il giorno, dopo una bella dormita, passeggiata lungo il canale fino al mercato di Camden Town. Costruito in vecchie stalle, per anni posto di nicchia e mercato per le persone più "strane", ora in realtà ha perso grande parte del suo fascino per diventare posto alla moda sempre pieno di gente.
Dopo l'incendio di un paio di anni fa (vedere qui e qui), inoltre, il posto ha perso parte della sua identità, rimanendo comunque un posto fantastico per fare una passeggiata, per vedere negozi, per assaggiare cibo di tutte le parti del mondo, assaggiando nelle varie bancarelle quanto viene offerto per attirare l'attenzione dei passanti.
Se poi si vuole vedere un posto davvero strano, allora basta andare al cyberdog, un negozio di persone davvero fuori dal mondo!

Inoltre, il posto è bello da vedere anche se fosse completamente vuoto. E' un vecchio borgo seduto in riva al canale, con le sue chiuse che permettono di navigarlo, con i suoi ponti che rendono il tutto molto "nordico".

Nel pomeriggio siamo stati inglesi perfetti. Dopo un riposo post pranzo (pranzo con uova sfrittellate, bacon, baked beans e pane imburrato), passeggiata nel parco di Hampstead Heat e poi nel quartiere, da Louis Pastisserie, con tè delle cinque e fetta di torta di dimensioni inimmaginabili qui in Italia, servite su un ampio carrello e che ti fanno venire fame solo a vederle.

La sera birra e musica rock dal vivo prima di cena e poi di nuovo chiacchierate con Doors e Led Zeppellin e Cure e Deep Purple e camino e alcool.

Ultimo giorno, visita al castello prima di partire, ma davvero è stato il "meno" della mia visita.

Vorrei raccontare di più, soprattuto vorrei raccontare meglio, ma il tempo è finito, lo spazio anche, la voglia pure.
Stop