Tre righe. Tre stupide sciocche righe. Tre righe quasi prive di significato, qualche piccolo emoticon, due tre punti di sospensione… qualche frase o parola troncata, quell’italiano strappato e seviziato tipico della posta elettronica…
Guardava il monitor e si chiedeva come fosse possibile che tre stupide fottute righe prive di calore e di consistenza potessero metterlo così a disagio.
-------Ciao. Come va? Io abb bene :-)
sono di nuovo in giro a fare la trottola…
Spero di vederti. CU Baci -------
Fissava il monitor come intontito, e gli sembrava che le lettere pulsassero, tre sciocche righe che prendevano vita e gli danzavano attorno la testa come indiani all’attacco della carovana… e gli urlavano nelle orecchie, violentemente e senza posa, tre note stonate nello spartito regolare della sua giornata.
L’essere in ufficio di fronte a tante persone, seppure ignare di tutto, non faceva che aumentare a dismisura il suo disagio.
Odiava quegli attimi ed i capelli gli si rizzavano sulla nuca.
Continuava a fingersi indaffarato, batteva sui tasti rumorosamente ma in modo privo di logica.
Non riusciva a togliersi dalla testa quelle tre righe, solitarie nella pagina, quasi offensive nella loro stringatezza. Eppure…
Non riusciva a togliersi da dentro quella sospensione creata da quegli sciocchi puntini dopo “trottola”… troppe erano le cose che sottintendevano e nello stesso tempo sottolineavano.
Una sola cosa era certa: lei era di nuovo “free”, la caccia era aperta e quello era un invito a parteciparvi.
La cosa sarebbe dovuta essere eccitante, ma non era così per lui. Gli rivennero su ricordi come l’alcool ad un ubriaco, in modo incontrollabile ed indesiderato. E facevano male…
Quelle tre righe riaprivano un mondo e ricostruivano un dolore.
Il cervello continuava a vomitare ricordi; e più erano belli, più gli si accodavano quelli pesanti.
Poteva sentire gli odori ed i sapori, era di nuovo lì fisicamente… e fisicamente sentiva anche quella sofferenza, quella sensazione d’impotenza, quel disagio d’averla persa e di essersi comportato come non voleva, in un modo che non si aspettava. Perderla era coinciso con il perdere la stima in sé e le due perdite unite lo avevano schiantato, minando fortemente le sue fondamenta, la sua sicurezza e indipendenza.
E ora tre fottutissime righe, quasi fuori luogo in quel posto di lavoro, avevano riavvivato il disagio dalle ceneri di un fuoco mai spento.
Ma quello era anche un invito, una richiesta d’aiuto. Urlava: non mi lasciare ad altri, riprendimi, riconquistami, riottienimi. E lui non voleva vederla con altri…
Forse poteva anche ricostruire tutto e riprendersi ciò che ancora sentiva suo.
Mettere in gioco i ricordi e rischiare di perderli tutti.
Ma anche rischiare di vincerne di nuovi e più caldi.
Ma poter anche schiantarsi di nuovo.
Ma poter davvero riconquistarla.
Ma poter anche scoprire che non ne valeva la pena.
Ma poter anche godere e non soffrire.
Ma le persone non cambiano.
Ma lei gli piaceva così.
…Il tempo sembrava gocciolare lentamente, troppo lentamente, quasi fermo.. eppure mille pensieri gli affollavano le idee. Sudava un poco, era teso, e si sentiva a disagio.
Sentiva che doveva prendere una decisione, veloce, prima che il dubbio gli si piantasse dentro.
In un secondo decidere se salvare i ricordi, vivere di ricordi o cedere ai ricordi. Logica, nostalgia o passione…
Ed alla fine prese una delle decisioni importanti della sua giovane vita:
SHIFT-CANC
…e con sollievo si accorse che erano passati solo 5 minuti.